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Messerschmitt Me 262 Schwalbe

Posted by on 5 Aprile 2012






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Apro questo post per trattare di uno dei primi caccia a reazione

« Era come se un angelo lo stesse spingendo »
(Adolf Galland, Il primo e l’ultimo)
Messerschmitt Me 262



Il Messerschmitt Me 262 era un bimotore a getto da caccia multiruolo ad ala a freccia sviluppato e prodotto dall’azienda tedesca Messerschmitt AG negli anni quaranta.
Impiegato dalla Luftwaffe, l’Aeronautica militare dell’allora Germania nazista, durante le fasi finali della seconda guerra mondiale, detiene il primato di essere stato il primo caccia della storia con motore a getto ad entrare in servizio operativo.
Le versioni principali erano da caccia, soprannominata Schwalbe, in tedesco rondine, bombardiere soprannominata Sturmvogel, uccello delle tempeste e da addestramento biposto.
È considerato l’aereo più avanzato messo in campo dai tedeschi e il caccia più efficace della guerra, precorritore dei jet da combattimento realizzati da Usa e Unione Sovietica nel dopoguerra. Secondo alcuni storici alleati con il Me 262 l’industria aeronautica tedesca creò un aereo che potenzialmente avrebbe potuto vincere la guerra e ridare alla Luftwaffe la supremazia aerea in territorio tedesco. Confrontato con i caccia in dotazione agli alleati in quel periodo, compreso il Gloster Meteor, che sarebbe entrato in servizio di lì a poco, il jet tedesco si rivelò molto più veloce e più potentemente armato. Ma entrò in servizio troppo tardi e in un numero troppo limitato (300 esemplari) per poter influenzare le sorti della guerra aerea in Europa. Tuttavia, a differenza degli aerei a reazione degli alleati, che non entrarono praticamente mai in servizio operativo o comunque non si scontrarono mai con i velivoli nemici, i Me 262 abbatterono oltre 100 aerei, tra bombardieri e caccia.


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Storia

Le origini 


Fu nell’autunno 1938, che alla Messerschmitt venne chiesto di studiare il progetto di un caccia a reazione. Il progetto del Me 262 prevedeva l’installazione di nuovi motori a reazione in fase di costruzione sia dalla Junkers Flugzeug und Motorenwerke AG che dalla BMW.
Il primo prototipo era pronto nel 1940, ma i motori non ancora. Infatti, i primi voli vennero fatti con un motore a pistoni Junkers Jumo 210 montato sul muso. Nel 1941, finalmente, la BMW consegnò i propulsori e nel 1942 venne fatto il collaudo, ma la rottura di un compressore costrinse l’aereo a un atterraggio di fortuna. Finalmente nel luglio 1943 arrivarono i motori della Junkers, due Jumo 004, e il quinto esemplare di sviluppo fu dotato di un carrello d’atterraggio a triciclo anteriore. Il collaudo fu un successo totale. Adolf Galland, quando vi intraprese un volo di prova, lo descrisse come “se fosse stato spinto da un angelo”.
Adolf Hitler è spesso indicato come il responsabile dell’entrata in servizio ritardata (nel 1944 inoltrato) del Me 262, a causa della sua decisione di impiegare l’aereo principalmente nel ruolo di Schnellbomber (bombardiere veloce) piuttosto che in quello di caccia. In realtà, il Me 262 raggiunse tardi i reparti per le difficoltà incontrate nel produrre su larga scala i nuovissimi motori a getto che lo potenziavano. Anche quando le turbine Junkers Jumo 004 cominciarono finalmente ad uscire dalle catene di montaggio, le consegne erano irregolari, permettendo la consegna di 28 Me 262 nel giugno 1944, 59 in luglio e solo 20 in agosto. Alla fine la Luftwaffe ricevette solo 1.433 Me 262, ma di questi solo 300 furono impiegati in azione, gli altri furono perduti sulle linee di montaggio o durante i trasferimenti verso le unità cui erano assegnati. Il Me 262 aveva i suoi difetti, oltre all’inaffidabilità del propulsore e alla fragilità del carrello di atterraggio, il cannone MK 108 si inceppava spesso. Malgrado ciò il jet della Messerschmitt era facile da pilotare.
La sua entrata in servizio ridiede speranza agli esausti piloti tedeschi. Come sottolineò uno degli “assi” della Luftwaffe sopravvissuti, il Me 262 era come una “assicurazione sulla vita”, in quanto dava loro una tenue speranza di sopravvivere, nei cieli ormai dominati dagli aerei degli Alleati.


Impiego operativo

Mostrato nel 1943 a Hermann Göring, nel novembre dello stesso anno fu presentato al Führer. Impressionato, Hitler diede uno dei suoi più controversi ordini, disponendo che l’aereo fosse impiegato per missioni di bombardamento, specie in operazioni antisbarco. Chiedendo a Willy Messerschmitt se l’aereo avesse la possibilità di portare bombe ed avendo ricevuto una risposta affermativa, sembra che esclamò: “Ecco il bombardiere veloce di cui avevo bisogno!”. Questo ordine comportò molti problemi ai reparti tedeschi, dal momento che il bireattore in pratica era incapace di assolvere il ruolo di bombardiere in quanto non aveva visibilità verso il basso e, non avendo aereofreni, accelerava troppo rapidamente in picchiate sostenute. L’unica soluzione fu trovata nel volo in picchiata leggera a media quota, ma questa modalità di attacco lo esponeva ad un eventuale attacco dei caccia alleati, che si fossero trovati a quota sufficiente per poter acquisire velocità sufficiente per raggiungere i jet della Lutwaffe. La versione da bombardamento poteva trasportare 500 kg di bombe, due SC 250 da 250 kg oppure una SC 500 da 500. Spesso venivano montati solo 2 cannoni, per un totale di 250 kg in meno.
Quando finalmente venne accordata l’autorizzazione all’uso come caccia, l’aereo aveva ancora molti problemi da risolvere, sia come tattica che come tecnica. La mancanza di piloti addestrati era un altro grave problema. Quando possibile vennero impiegati i piloti dei bombardieri perché l’aereo aveva la necessità di una costante e precisa regolazione, tutt’altro che istintiva nella condotta in volo. Non bisognava mai tentare manovre acrobatiche o esagerare con la manetta.

Il Me 262 doveva prediligere il volo orizzontale piuttosto che quello in picchiata per il suo disimpegno, altrimenti rischiava di essere seguito e talvolta raggiunto dai veloci apparecchi angloamericani di recente produzione. Quando riusciva ad attaccare, con i suoi quattro cannoni da 30 millimetri, era in grado di devastare il bersaglio aereo, ma al tempo stesso alcune caratteristiche di volo lo rendevano attaccabile da parte dei caccia alleati.
Tuttavia, gli americani calcolarono che occorrevano dieci P-51 Mustang per neutralizzare un singolo Me 262. Ma contro un attacco multiplo di jet, la difesa era semplicemente impossibile. 
I migliori risultati, i piloti alleati li ottenevano pattugliando, con i loro caccia ad elica, continuamente il cielo sugli aeroporti tedeschi, per cercare di sorprendere i Me 262 in atterraggio e soprattutto in decollo. I tedeschi cercarono di opporsi destinando reparti di Fw-190 e addirittura di Ta-152 alla difesa a bassa quota dei jet in atterraggio, ma questo non evitò dolorose perdite, come quella dell’asso Walter Nowotny.
L’unico pilota alleato ad aver distrutto più di un Me 262 fu Drew B. Urban. Anche il famoso asso Chuck Yeager ne abbatté uno. Entrambi volavano con i P-51.

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Tattiche anti-bombardieri

Il Me 262 era così veloce che dovettero essere escogitate nuove tattiche per attaccare i bombardieri americani. Negli attacchi frontali, la velocità di avvicinamento di circa 320 metri al secondo era così elevata da non poter usare i cannoni da 30 mm a tiro corto, in modo efficace. Così fu escogitato un attacco da poppa e da quota superiore. I 262 si avvicinavano da dietro, volando circa 1.800 metri più in alto. A una distanza di circa 4.800 metri iniziavano una picchiata che li portava attraverso lo schermo dei caccia di scorta con un ridotto rischio di essere intercettati. Quando si trovavano a circa 1.600 metri di distanza e 450 metri più in basso, iniziavano una ripida cabrata per smaltire l’eccesso di velocità. Quando finalmente tornavano in volo livellato, si trovavano a più o meno 900 metri a poppa, avvicinandosi ai bombardieri a una velocità di circa 160 km/h superiore alla loro, ben piazzati per attaccare.

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L’ultimo periodo 

La macchina venne usata in tutte le sue versioni per scontri feroci negli ultimi mesi; talvolta scortò i bombardieri a reazione in attacchi al suolo. Il modello da caccia notturna, equipaggiato con radar come il Neptun e il Berlin, era un biposto (pilota più operatore radar) che giunse in linea in pochi esemplari negli ultimi mesi del conflitto, distruggendo rapidamente un buon numero di bombardieri alleati.
In una sola azione, 55 velivoli vennero inviati in azione durante un massiccio attacco al suolo in cui i caccia alleati ne abbatterono 3. La velocità con le bombe diminuiva a circa 755 km/h. In un’altra giornata, ben 27 Me 262 finirono distrutti in aria e a terra durante un tentativo di arrestare l’ennesima ondata di bombardieri americani. Secondo quanto riportato nel libro “il primo e l’ultimo” dell’asso Adolf Galland tali perdite furono da imputare alla poca abitudine degli aviatori di ingaggiare i bombardieri alla velocità massima dell’aereo, veramente sorprendente per i tempi (i B-17 viaggiavano ad una velocità di crociera di 260 km/m circa: quando i piloti del Me 262 rallentavano la velocità per inquadrare meglio i bombardieri nel mirino agevolavano il compito sia dei mitraglieri di bordo sia dei piloti dei caccia di scorta, che ormai negli ultimi tempi della guerra riuscivano, grazie a serbatoi supplementari, a coprire i bombardieri sino sugli obiettivi).
Tra gli aerei alleati accreditati dell’abbattimento di Me 262 vi furono anche gli Spitfire, nonostante non potessero competere con il jet in velocità massima e ascensionale. Nella sera del 14 febbraio 1945, il Flight Lieutenant F.A.O. Gaze del RAF 610 Squadron, in pattuglia su Nijmegen, in Olanda, a bordo di un Mk XIV, dopo aver fallito l’intercettazione di un jet bimotore da ricognizione Arado Ar 234 sorprese tre Me 262 a quota inferiore. “Non potevo vedere bene perché volavamo contro sole”, ricordava Gaze, “ma sparai da una distanza di 350 iarde colpendo il motore di destra. Il 262 tirò su il muso lentamente e virò a dritta, mentre gli altri due sparivano tra le nuvole. Feci fuoco ancora colpendo di nuovo il motore e la fusoliera. Si rovesciò, infilandosi tra le nuvole. Lo seguii e uscito dalle nubi vidi un aereo esplodere a terra un miglio davanti a me. Rivendicai questo Me 262 come distrutto e il mio gregario confermò l’abbattimento.” Il 13 marzo, sempre su Spitfire XIV, il Flying Officer Howard C. Nicholson del RCAF 402 Squadron su München-Gladbach rivendicò l’abbattimento di un altro Me 262.
Lo Jagdverband 44 (JV44), reparto dell’asso Adolf Galland, continuò a combattere in azioni disperate, disponendo dei migliori assi della caccia tedesca rimasti (i quali tuttavia non erano ancora allenati né troppo contenti delle caratteristiche della macchina), operando fra terribili rischi e usando le autostrade come piste, finché non venne superato dall’avanzata via terra delle truppe alleate.
La mancanza di carburante e di quasi tutto il resto aveva impedito al caccia tedesco di operare al meglio di sé. Il totale delle perdite era stato di 100 aeroplani contro circa 450 vittorie reclamate (dati non confermati). I pochi esemplari completati riportarono pertanto buoni successi. Il Messerschmitt Me 262 apparve in un momento critico per l’industria aeronautica, ormai logorata dai continui bombardamenti: poté costruire almeno 1.433 esemplari ma non disponeva di abbastanza carburante per farli volare.
Alla fine della guerra, non oltre 500 macchine di questo tipo erano state consegnate ai reparti: le altre erano state accantonate su scali ferroviari e fabbriche per l’impossibilità di mantenerle in servizio, e lì rimasero fino alla fine della guerra.

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Me 262 costruiti in Italia 

Dalla ricerca dell’Ing. Giorgio Danilo Cocconcelli pubblicata col titolo di “Tunnel Factories” (2001) e dal successivo omonimo documentario del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina (2010) si apprende che presso la galleria Caproni di Torbole (Trento), sotto la direzione dell’Ingegner De Pizzini, venivano costruiti particolari e lamierati dei Me 262. Testimonianze, ma ancora di più i piani originali del Me 262 ritrovati durante le riprese del documentario in una cartella di proprietà dell’ingegnere stesso, confermano la costruzione di queste parti.


Descrizione tecnica

Il Me 262 sviluppava una spinta di 1 800 kg grazie a due Junkers Jumo 004B a propulsione jet, configurazione interna di tipo assiale (che dava una struttura snella e aerodinamica), una velocità di 870 km/h a 6.000 m e una tangenza nominale di 11.500 m. L’alta velocità era raggiunta dai motori Jumo a costo di un consumo enorme di carburante. Questo fatto permetteva un’autonomia dai 480 ai 1.050 km a seconda della quota, nonostante il carico di 2.470 litri di carburante, sei volte quello di un Bf 109. Era possibile però usare carburanti meno costosi, come il kerosene o il gasolio: non c’era nessuna esigenza di benzine ad alto numero di ottani. Esistevano due serbatoi da 900 litri davanti e dietro l’abitacolo del pilota, mentre uno ausiliario da 570 litri non sempre era presente o pieno. I motori avevano una vita utile di appena 10-25 ore e dovevano essere trattati con molta cautela. I piloti rimasero inorriditi dalla tendenza agli incendi, dovuta alla indisponibilità di acciai speciali per le componenti critiche del motore, dall’impossibilità di riaccendere un motore se si fosse spento, dalla accelerazione troppo lenta per togliersi dai guai in caso di difficoltà a velocità più basse. Test dimostrarono che il Me 262 sarebbe sfuggito al controllo del pilota ad una velocità superiore a Mach 0.86 e che la sua struttura rischiava delle rotture a velocità appena maggiori di quella. Particolarmente rilevanti le soluzioni utilizzati nella cellula, sia dal punto di vista strutturale che come aerodinamico (“a forma di squalo”). La sezione era triangolare con un ventre molto piatto che migliorava la capacità di sostentamento senza accrescere troppo la superficie alare. L’intero aereo era costruito secondo una struttura modulare, di modo che i singoli moduli potessero essere costruiti separatamente e quindi assemblati. Questo veniva incontro alle esigenze di decentramento dell’industria tedesca, che per far fronte ai devastanti attacchi aerei aveva spostato la produzione dalle grandi fabbriche a impianti più piccoli, nascosti all’aviazione alleata. La leggera freccia nella forma delle ali, che in seguito avrebbe fatto scuola nell’ambito degli aerei transonici, era dovuta originariamente alla necessità di rielaborare l’ala per riequilibrare i pesi, dopo aver cambiato il modello di motori previsto in origine. Le armature di protezione erano efficaci, la visuale ottima e la maneggevolezza ad alta velocità eccellente, rispetto a quanto precedentemente disponibile.


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L’armamento 

Il velivolo disponeva di una batteria di 4 cannoni MK 108 da 30 mm montati nella fusoliera. Queste armi a media velocità avevano la capacità di rilasciare oltre 50 kg di granate in 5 secondi. Erano presenti 80 o 100 colpi per arma, con una cadenza di fuoco di 550 colpi al minuto, ma data la loro pesantezza non era possibile avere anche una balistica ottimale: i risultati nei combattimenti con i caccia e negli attacchi al suolo erano assai inferiori in precisione ai precedenti colpi da 20mm. Avendo tuttavia una granata da 310 grammi invece che da 130 e un carico d’esplosivo di 70 grammi circa invece che 10-20, la loro distruttività era incomparabilmente superiore, tanto che persino un colpo solo poteva spesso distruggere un caccia avversario.
In seguito vennero montati anche 24 razzi R4M da 55 mm, che sarebbero stati straordinariamente efficaci se entrati in linea in tempo utile: avendo una velocità supersonica e un peso di 3,5 kg (450 g la carica esplosiva), avevano la capacità di colpire in maniera precisa e letale nonostante il peso limitato. A differenza dei cannoni Mk 108, ebbero un impiego postbellico in quanto sviluppati come base per tutti i razzi leggeri sviluppati nel dopoguerra. Non poterono essere consegnati in quantità prima della fine della guerra.


Sviluppi sperimentali 

I caccia Me 262 vennero usati per sperimentare armi come il cannone da 50 mm e il missile Ruhrstahl X-4, ma senza molto seguito. A differenza di tutti gli altri aerei tedeschi, non si conoscono versioni migliorate pensate per questo modello, ma nel dopoguerra molti Me 262 vennero testati dalle nazioni vincitrici.
Dopo la guerra, la Cecoslovacchia costruì versioni monoposto (Avia S.92) e biposto (Avia CS-92) del 262, per un totale di 17 esemplari che volarono fino al 1957. Il progetto venne poi abbandonato perché i nuovi caccia sovietici da produrre anche su licenza erano macchine certamente preferite dalla politica di standardizzazione, oltre per pressioni comuniste.
È stata avanzata l’ipotesi che, tra il 1949 e il 1950, la Heyl Ha’Avir, la neonata aviazione di Israele, abbia ricevuto un numero variabile tra 3 e 8 di questi aeroplani, con l’intenzione di opporli ai britannici Gloster Meteor e de Havilland Vampire in dotazione alla Royal Egyptian Air Force che al momento erano gli unici aerei a reazione della regione. Queste affermazioni sono comunque sempre state smentite dall’aviazione israeliana.
Il Me 262 influenzò i progetti degli aerei postbellici North American F-86, Boeing B-47 Stratojet e, almeno agli inizi, del trasporto civile Boeing 737.


Esemplari attualmente esistenti 

Me 262A, W.Nr.500071 “White 3”, III./JG 7
Deutsches Museum, Monaco di Baviera, Germania. Questo esemplare volò con Hans Guido Mutke, al momento pilota del 9° Staffel/JG 7, e venne requisito dalle autorità svizzere il 25 aprile 1945 dopo che Mutke fu costretto ad un atterraggio di emergenza in Svizzera a causa della mancanza di carburante; nei serbatoi gli rimanevano solamente 80 litri quando in situazioni di volo normale il consumo era di 35 litri/minuto.
Me 262 A-1a
Ricostruito partendo da un esemplare danneggiato ed altre parti di Me 262. Luftwaffe Museum, Germania.
Me 262 A-1a W.Nr.501232 “Yellow 5”, 3./KG(J)6
National Museum of the United States Air Force, Wright-Patterson Air Force Base, Dayton (Ohio), USA.
Me 262 A-1a/U3 W.Nr.500453
Flying Heritage Collection, Arlington (Washington), USA, riapertura prevista ad Everett (Washington) nell’estate 2008, attualmente in fase di restauro in Inghilterra.
Me 262 A-1a W.Nr.500491 “Yellow 7”, II./JG 7
Smithsonian Institution, Washington, DC, USA.
Me 262 A-2a W.Nr.112372
Royal Air Force Museum Hendon, Regno Unito.
Me 262 A-2a W.Nr.500200 “Black X 9K+XK”, II./KG 51
Australian War Memorial, Canberra, Australia.
Me 262 B-1a/U1, W.Nr.110305 “Red 8”
South African National Museum of Military History, Johannesburg, Sudafrica.
Me 262 B-1a, W.Nr.110639 “White 35”
NAS Willow Grove, Pennsylvania, USA.
Avia S-92
Aviation Museum Kbely, Praga, Repubblica Ceca.
Avia CS-92
Aviation Museum Kbely, Praga, Repubblica Ceca.
Repliche 

Cinque repliche di Me 262 sono state costruite negli Stati Uniti, la prima delle quali ha volato, con successo, nel gennaio 2003.

Descrizione
Tipo aereo da caccia
Equipaggio 1
Progettista Willy Messerschmitt
Costruttore Messerschmitt AG
Data primo volo 18 aprile 1941
Data entrata in servizio estate 1944
Utilizzatore principale Luftwaffe
Esemplari 1 433

Dimensioni e pesi
Lunghezza 10,58 m
Apertura alare 12,50 m
Altezza 3,83 m
Superficie alare 21,73 m²
Peso a vuoto 3.795 kg
Peso max al decollo 6.750 kg
Capacità combustibile 2.470 l

Propulsione
Motore 2 turbogetti Junkers Jumo 004 B-1
Spinta 8,8 kN (900 kg/s) ciascuno

Prestazioni
Velocità max 878 km/h a 7.000 m
Velocità di salita 20 m/s
Autonomia 480-1.050 km
Tangenza 11.500-12.200 m

Armamento
Cannoni 4 MK 108 da 30 mm
Missili 24 R4M da 55 mm
Note dati riferiti alla versione Me 262 A-1a

Da wikipedia



Le vicende che portarono alla realizzazione del Me262 hanno origine nel 1938,al momento in cui il Technisches Amt dell’ RLM affidò alla Messerschmitt,ditta allora sulla cresta dell’onda,la realizzazione di un bireattore costruito attorno ai nuovi propulsori a reazione che la BMW stava sviluppando.
Il projekt 1065 del 1939 prevede va due reattori semiannegati ai lati della fusoliera, ma non vide mai la luce, dato che i reattori BMW non tennero fede alle loro promesse.
Il progetto venne interamente rielaborato e nel 1940 si giunse alla configurazione finale. Le turbine andavano accumulando ritardi del tutto imprevisti, tanto che fu presa in considerazione anche la possibilità di dotare in nuovo caccia di motori razzo supplementari. La cellula del prototipo Vl (PC + UA) era già pronta da tempo quando, visto che le turbine non sarebbero state consegnate in tempi brevi, si procedette a munirla di un motore convenzionale Junkers Jumo 21OG nel muso. Così propulso il Me 262 V1 volò per la prima volta il 18 aprile 1941 pilotato da Fritz Wendel. Per il primo volo con i
reattori dovette trascorrere un altro anno e fu una vera delusione.
Entrambe le turbine BMW cedettero in volo e il prototipo si salvo fortunosamente solo perché il motore a pistoni era ancora installato.
La Messerschmitt e lo RLM decisero di sostituire i reattori BMW con gli Jumo 004 che furono installati a bordo del terzo prototipo (PC + UC). Con questi propulsori finalmente il 18 luglio 1942 Wendel portava in volo quello che sarebbe rimasto celebre come il primo caccia a reazione operativo della storia. 
Ma molta acqua doveva ancora scorrere sotto i ponti prima che il 262 potesse divenire un aereo pienamente operativo. Senza voler rifare la storia delle difficoltà
di ordine tecnico principalmente dovute alla difficile messa a punto delle turbine e, soprattutto, di ordine politico la continua interferenza di Hitler con la sua mania di voler trasformare questo magnifico caccia in un bombardiere lampo basterà dire che i primi 262 operativi come caccia entrarono in servizio solamente nella tarda estate del 1944, quando le sorti del III Reich erano ormai definitivamente compromesse.
Nel luglio 1944 i primi Me 262A-1a furono dati in dotazione all’Erprobungskommando 262 con il compito di studiare le migliori tattiche d’impiego. 
Il primo vero reparto operativo fu comunque un distaccamento del KG 51, più noto come Kommando Schenck (Me 262A-2a cacciabombardieri), seguito dal Kommando Nowotny con un organico di circa 40 caccia. Questo gruppo autonomo, entrato in azione il 3 ottobre 1944, riuscì, sotto la capace guida del Magg.
Walter Nowotny, asso pluridecorato, ad aggiudicarsi parecchie vittorie.
Purtroppo Nowotny cadde, come parecchi suoi colleghi, mitragliato in fase d’atterraggio da caccia alleati nei primi giorni di novembre.
Ovviamente I’attività di volo ne risentì sensibilmente. Altra unità su Me 262 fu la III/KG 7 che vantò notevoli successi. Certamente però l’unità più celebre ad essere dotata del prestigioso caccia bireattore fu la (JV) 44 comandata dal Generale Adolf Galland, già comandante in capo della Caccia, dimessosi poi per dissapori con le alte sfere e con Hitler in particolare. 
Galland riuni intorno a sé il fior fiore degli assi della caccia, mettendo insieme un gruppo costituito da circa 25 piloti con 50 aerei. La Jagdverband 44 operò da Munchen-Riem e in soli tre mesi, con una media di soli sei aerei operativi, riuscì ad abbattere 47 aerei fra bombardieri e caccia. Con Galland terminava la breve carriera operativa di un aereo che ancor oggi ci stupisce per la modernità delle soluzioni tecniche.


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In missione con lo Schwalbe

In quei giorni del tardo aprile 1945 i pochi Me 262A-la della JV 44 operavano da tratti di autostrada risparmiati dalle bombe o rabberciati alla meglio. I normali campi d’aviazione erano ormai del tutto impraticabili e tenuti sotto stretta sorveglianza dai caccia e dai ricognitori alleati. Certi tratti dell’Autobahn nei pressi di Monaco di Baviera si erano salvati solo perché i tedeschi avevano avuto la brillante idea di mascherarli dipingendovi sopra falsi crateri di bombe cosi realistici da trarre in inganno anche i più abili interpreti delle foto scattate dai ricognitori alleati.
I Me 262 erano alloggiati in ricoveri sotterranei protetti da porte blindate, costruiti a distanza sufficiente e ottimamente mimetizzati, come pure lo erano le piste di rullaggio. Il centro di comando era sito in quella che dall’alto appariva essere una normale fattoria immersa nel verde di un bosco di abeti, nei cui recessi si frovavano anche le officine, le baracche per gli equipaggi e i serbatoi per il carburante, sempre molto scarso. 
Il tutto era cosi ben mimetizzato che, in seguito, parecchie unità dell’esercito statunitense gli passarono vicinissime senza scoprirlo.
Gli aerei venivano tenuti il più possibile al riparo e uscivano dai rifugi solo quando veniva annunciata un’incursione di bombardieri alleati che si dirigevano verso qualche obiettivo sito entro il raggio d’azione dei Me 262. 
ln tal caso la rete radar, che continuò a funzionare quasi sino all’ultimo giorno, avvertiva via telefono il centro di comando che provvedeva a mandare in azione i caccia disponibili.
In effetti, anche se la consistenza iniziale della JV44 era stata di 50 aerei, essa si era notevolmente ridotta sia per le perdite che per la mancanza di parti di ricambio. L’usura delle turbine era tremendamente elevata: dopo 15 ore di funzionamento si teneva conto scrupolosamente anche dei minuti necessari al rullaggio il gruppo turbine veniva sottoposto ad una revisione generale e, dopo altre 10 ore, ammesso che tenesse così a lungo, veniva rirnpiazzato. Questa
vita media così breve dice molto circa il coefficiente di operatività dell’aereo.


In azione

Al momento dell’allarme i piloti di guardia si precipitano verso i ricoveri degli aerei ove i serventi hanno già provveduto ad eseguire tutte le operazioni e i controlli preliminari. Il pilota può sedersi direttamente al posto di pilotaggio sicuro che tutto ciò che materialmente si poteva fare è stato fatto. Basta awiare i motori, una procedura abbastanza rapida grazie al motore a due tempi Riedel inserito nel cono aerodinamico di ogni reattore. Il motorino d’avviamento viene avviato a mano mediante un’asta metallica. 
Il tempo minimo perché si possa scaldare, quindi viene connesso al rotore del turbogetto. Il motore a reazione sale rapidamente di giri: giunto a 2000 giri il
pilota rilascia la manopola dell’aviatore e dolcemente sposta la manetta dallo Stop alla posizione di minimo, schiacciando contemporaneamente il puisante d’ignizione che viene rilasciato appena raggiunti i 3000 giri. La manetta viene spinta gradualmente fino al raggiungimento dei 6000 giri. 
In questa fase gli strumenti più importanti sono, senza alcun dubbio, il contagiri e I’indicatore della temperatura in turbina. Se dopo un minuto la temperatura resta stabile tutto va bene.
In caso contrario è necessario spegnere subito il reattore prima di giungere ad un disastro. In realtà questo controllo, nelle condizioni operative estremamente difficili che caratterizzano gli ultimi giorni del Reich, viene fatto mentre l’aereo rulla con i propri mezzi fino alla testata della pista, dato che non si può fare conto sui trattori che sono troppo visibili dall’aria. 
Occorre soprattutto fare presto, visto che un’incursione improvvisa che sorprenda i Me 262 in fase di decollo si tradurrebbe quasi sicuramente in un disastro.
I sei caccia rullano sulla pista di raccordo a bassa velocità e vanno ad immettersi sulla carreggiata dell’autostrada: non è quanto di meglio si possa desiderare, ma è pur sempre meglio delle piste inagibili degli aeroporti. Appena un 262 si è allineato sulla <pista> il suo pilota blocca i freni, abbassa gli ipersostentatori e, gentilmente, porta avanti la manetta. 
I due Jumo 004B aumentano sino a 7000 giri’ quindi il pilota rilascia i freni mentre il sibilo delle turbine cresce di tono. Il decollo è piuttosto lento all’inizio, dato che il 262 è decisamente sottopotenziato e porta sotto le ali due rastrelliere armate con un totale di 24 razzi aria-aria non guidati R4M da 50 mm. 
È con queste nuove armi altamente efficaci contro le formazioni strette dei bombardieri statunitensi che gli Schwalbe vanno all’attacco. Ogni razzo pesa solo 2,6 kg ma porta una carica esplosiva di ben 500 grammi: ha circa I’efficacia di un proiettile di cannone antiaereo da oltre 50 mm di calibro sino ad una distanza massima di oltre 900 metri. 
È un’arma veramente formidabile, un solo colpo a segno è più che sufficiente per disintegrare una Fortezza Volante. Generalmente i razzi vengono lanciati in un’unica salva oppure, se le circostanze sono favorevoli, in più gruppi di sei per volta. Esauriti i razzi restano sempre i quattro potenti cannoni Rheinmettall-Borsig MK-108 da 30 mm con un totale di 360 colpi.
Con tutto questo armamento il 262 è sicuramente il caccia meglio armato che si sia mai visto. Per lungo tempo nel dopoguerra non ci sarà un altro aereo in grado di vantare un armamento simile. Gli aerei accelerano sobbalzando ad ogni asperità della pista mentre i piloti imprecano a bassa voce sperando che qualche pericoloso intruso non venga a ficcare il naso proprio nel momento critico.
Finalmente, dopo un lungo rullaggio ad oltre 200 km/h, l’aereo smette di sobbalzare e si solleva pesantemente. Basta far rientrare il carrello perché le sue caratteristiche di volo cambino di colpo. 
La grande pulizia aerodinamica fa sì che il 262 ora acceleri in modo notevole se mantenuto in volo orizzontale. Ma non c’è tempo per deliziarsi con il sibilo attutito dei reattori e con la piacevole sensazione che il Me 262 infonde in chi lo pilota. L’aereo vola così bene che Galland disse: <Vola come un angelo>.
I sei Schwalbe fanno quota a gruppi di due proteggendosi le spalle a vicenda. Di questi tempi, con il gran numero di caccia alleati che quotidianamente perlustrano i cieli del Reich, ogni imprudenza può costare molto cara. Se poi un motore cede è meglio affidarsi alla fortuna. Il cielo è parzialmente nuvoloso e la visibilità non è delle migliori. 
La formazione di B-26 Marauder viene avvistata presso Neuburg sul Danubio. Dato che la terra non è visibile che a tratti, é piuttosto difficile avere un riferimento preciso circa la direzione di volo propria e della formazione awersaria. Comunque le due rotte sono quasi a convergenza frontale e la velocità relativa di avvicinamento è terribilmente elevata: quasi 1200 km/h. Si tolgono le sicure alle armi e i sei 262 si gettano all’attacco incuranti dei Mustang di scorta che non possono raggiungerli. La formazione dei bombardieri bimotori viene investita da un uragano di fuoco e alcuni aerei si incendiano. Galland, che si è dimenticato di togliere la seconda sicura ai tazzi, spara con i cannoni e colpisce seriamente un B-26 che si incendia. Anche il suo aereo registra alcuni impatti delle 12,7 mm
avversarie senza riportare danni evidenti. 
È a questo punto che il celebre asso commette un errore che potrebbe costargli la vita. Tutto preso dal combattimento non si accorge che un Mustang in picchiata lo ha preso sotto tiro. Il quadro dei comandi sembra esplodere sotto l’impatto di numerosi colpi da 12,7 mm e lo stesso Galland viene
ferito al ginocchio destro. 
Parte della raffica avversaria è finita nella turbina di destra il cui rivestimento esterno viene pressoché disintegrato.
Il Me 262 è ferito a morte. Il Mustang prosegue implacabile la sua operazione di distruzione e colpisce anche l’altro motore. Il 262, quasi senza più propulsione, spancia nell’aria anche se Galland, grazie alla sua grande esperienza, riesce ancora a tenerlo in volo in qualche modo picchiando verso terra. Sotto c’è l’autostrada, ma poco prima di atterrare Galland è costretto a spegnere i motori che non rispondono più alla manetta. 
La scia di fumo nero che il 262 si trascina dietro è visibilissima e sembra attirare i caccia avversari come il miele le mosche. Per di più la pista è sotto attacco da parte di un gruppo di Thunderbolt. La faccenda si mette davvero molto male. L’aereo, senza più propulsione, deve necessariamente atterrare. Anche la radio
è andata. A 240 km/h il 262 si posa sulla pista con un pneumatico forato. 
Galland riesce ancora a controllarne la corsa. L’aereo non è ancora fermo che il suo pilota è già saltato fuori dall’abitacolo e cerca scampo in un cratere di una bomba. Giusto in tempo! I Thunderbolt fanno fuoco sull’aereo abbandonato e lo riducono ad un ammasso di rottami fumanti. Galland ha salvato la pelle per un pelo. Un altro Me 262 tenta l’atterraggio con un Mustang alle costole che lo mitraglia a tutto spiano ma non riesce ad abbatterlo pur bucherellandolo come
uno scolapasta.
Vista la situazione tattica la missione può considerarsi un successo:cinque B-26 abbattuti senza subire perdite in volo. È l’ultima missione della JV 44.Il 3 maggio la formazione di Galland, che si è trasferita a Salisburgo, viene catturata dalle truppe statunitensi, non prima comunque di aver incendiato, sia pure molto a malincuore, i bellissimi Schwalbe per non farli cadere nelle mani del nemico.


Immagine Postata


Di Giorgio Gibertini 



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