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De Havilland Mosquito DH.98

Posted by on 15 Agosto 2012




 De Havilland Mosquito





Il De Havilland DH.98 Mosquito (“zanzara” in inglese) è stato un aereo militarebritannico di grande versatilità durante la seconda guerra mondiale. Era soprannominato affettuosamente “Mossie” dai suoi equipaggi  ed aveva anche come altri nomignoli: “The Wooden Wonder” (la Meraviglia di legno) o “The Timber Terror” (il Terrore di legno), poiché la cellula era realizzata in legno laminato. Venne impiegato dalla Royal Air Force (RAF) e da molte altre forze aeree nel conflitto mondiale, sia nel teatro europeo che in quelli del Pacifico e del Mediterraneo, oltre che nel periodo postbellico.
Inizialmente concepito come bombardiere veloce disarmato, il Mosquito fu adattato a molti altri ruoli durante la guerra, tra cui: bombardiere tattico diurno a bassa e media quota, bombardiere notturno da alta quota, indicatore di bersagli (Pathfinder), caccia diurno] o notturno, cacciabombardiere, aereo d’attacco e ricognitore fotografico. Fu anche utilizzato dalla British Overseas Airways Corporation (BOAC) come aereo da trasporto. Fu la base per un caccia pesante dal nome de Havilland Hornet.

Nel corso del 1941, un autorevole esponente del mondo scientifico anglosassone ebbe pubblicamente a dichiarare che l’impiego del legno nelle costruzioni aeronautiche d’un certo livello, era ormai da considerarsi superato. 
Quest’affermazione sarebbe stata meno categorica se lo scienziato si fosse trovato il 25 novembre 1940 sul campo inglese di, Hatfield ed avesse potuto ammirare un bellissimo bimotore tutto giallo, che seminava gli Spitfire ed infilava un «tonneau» dopo l’altro con una delle due eliche in bandiera. 
Quel velivolo, infatti, era costruito interamente in legno ed il suo livello era tale da farlo divenire di li a poco, una delle armi più micidiali della RAF. 
Aveva già un nome: Mosquito – che in inglese significa zanzara – ed era il 98° rampollo di una famiglia dal nome nobile: de Havilland, illustre in campo aeronautico sin dalla Grande Guerra.
Il suo disegno aveva preso vita un paio d’anni prima, nell’ottobre 1938, in quello stesso studio che, guidato da Geoffrey de Havilland padre (il figlio, omonimo, era pilota collaudatore della ditta), aveva già dato all’aeronautica – per limitarsi agli anni trenta – velivoli d’uso universale come l’addestratore Tiger Moth ed il trasporto Dragon;
macchine da primato, come quel piccolo bimotore Comet che nell’ottobre 1934 aveva strappato al DC-2 la coppa MacRobertson Inghilterra-Australia;
oppure il bellissimo postale Albatross del 1936, che riusciva a volare per 5.000 km a 330 km/h con quattro motori da soli 525 HP ciascuno, grazie ad un’aerodinamica praticamente perfetta.

Tutte queste macchine avevano in comune una caratteristica: la costruzione in legno;
soprattutto le ultime due erano destinate ad influenzare fortemente gli ingegneri R. E. Bishop e C.C. Walker nel disegno del nuovo velivolo.
Per molti versi, il 1938 era un anno equivoco.
I pacifisti inglesi, numerosi nell’ambiente governativo, avevano trovato dopo Monaco validi appigli alla loro politica e le forze armate britanniche, non esclusa la RAF, continuavano a mantenersi su un livello di solo modesta efficienza. 
Ma, almeno nel settore aeronautico, vi era chi non credeva affatto nella durata indefinita della pace e, paventando la minaccia tedesca, correva ai ripari di propria iniziativa. 
Cosi, nelle officine della Bristol prendeva vita, come «private venture», il Beaufighter, ed in quelle della Hawker si impostavano serie di Hurricane non richieste dalla RAF.
Alla de Havilland si lavorava ad un progetto non meno lungimirante: 
quello del più piccolo bimotore che si potesse costruire attorno a due Merlin, capace di portare mezza tonnellata di bombe per 2.500 km e di eludere la caccia fidando sulla sola ma ragguardevole velocità di oltre 600 km/h.
Il velivolo, inoltre, doveva essere tutto in legno per due buoni motivi:
l’esperienza della ditta in questo settore e la possibilità di usare per una produzione in larga scala, materiali non strategici e manodopera non altamente qualificata. 
Sulle prime, il progetto venne accolto con un certo scetticismo dalle autorità, proprio a motivo della sua struttura. 
Ma poi, con lo scoppio della guerra nel settembre 1939, l’Air Ministry ritenne di non dover scartare a priori alcuna idea e, nel marzo 1940, emise la specifica B.1/40 su misura per il nuovo velivolo, ordinandone 50 esemplari.
Il disastro di Dunkerque arrestò la procedura perchè sembrava doversi concentrare la produzione aeronautica soltanto su pochi tipi, già collaudati. 
Poi, però, prevalse il buonsenso e,nel caso del Mosquito, la considerazione che esso non implicava l’uso di materiali strategici. 
La fiducia riposta in esso, fu abbondantemente ripagata a soli undici mesi di distanza dalla stesura degli esecutivi.

L’aereo che andò in volo ad Hatfield nelle mani di de Havilland junior si rivelò, infatti, tanto agile e veloce, da indurre la RAF ad ordinarne subito una versione da caccia armata con quattro cannoni da 20 mm e, poco dopo, una disarmata da ricognizione fotografica.
Esse volarono rispettivamente il 15 maggio ed il 10 giugno, comportando una sostanziale modifica nell’ordinativo originario, così trasformato: 
10 Mk.1 da ricognizione, 30 Mk.II da caccia e 10 Mk.IV da bombardamento. 
Dato che dai voli del prototipo era apparso essere necessario prolungare lievemente oltre il bordo d’uscita le gondole motrici lasciando immutato tutto il resto del velivolo, la costruzione in serie potè avere inizio sin dal mese di luglio, con contatti per estenderla da settembre in Canada e da dicembre in Australia.
Dal settembre 1941, quindi, il Mosquito potè entrare in linea. 
Da allora, fino alla venuta dello Spitfire Mk.XIV ai primi del 1944, esso sarebbe stato il più veloce velivolo della RAF. 
Ma anche dopo tale data, e fino alla sua radiazione nel 1955, doveva rimanere proverbiale per la sua versatilità.




Sviluppo e impiego 

Per otto mesi, gli unici Mosquito a servire così la RAF furono i Mk.I di un reparto fotografico appositamente costituito sul campo di Benson. 
La prima missione, compiuta dal W -4055 su Brest, Bordeaux, La Pallice e ritorno via Parigi, fu emblematica per quello che sarebbe stato l’impiego del nuovo velivolo nei tre anni successivi.
Il Mosquito, infatti, fu inutilmente inseguito da alcuni Bf.109 alla quota di quasi 8.000 metri, obbligando la Luftwaffe a prendere atto della nuova, imparabile minaccia. 
Ben presto, i voli da Benson poterono coprire mezza Europa, agevolati per l’autonomia, dai serbatoi supplementari trasportati nella stiva bombe.
Nel maggio 1942 affluirono in reparto i Mk IV da bombardamento ed i Mk.II da caccia.
I primi, che sostituirono i Blenheim del No.105 Squadron, debuttarono con quattro esemplari su Colonia, il 31 dello stesso mese, inaugurando la mene di «punture di zanzara» (come la RAF espressivamente volle chiamarle) destinate a rendere proverbiale il velivolo in questo settore.
In breve tempo, fu messa a punto una tattica che ne valorizzava al massimo le capacità.
Due distinte formazioni si portavano sull’obiettivo da quote diverse:
una picchiava da 700 a 500m, lanciando le bombe da questa altezza; 
l’altra attaccava a volo radente.
In tal modo si confondevano le difese, con il risultato di ottenere una quasi totale invulnerabilità oltremodo gradita dagli equipaggi. 
Questi, comunque dovevano possedere una notevole capacità nel settore navigazione, dato che il rientro alla base si svolgeva interamente a «quota tetto», con rilevamento solo fugacissimo di taluni capisaldi a terra.

Una di queste azioni, condotta contro il Quartier Generale della gestapo ad Oslo il 25 settembre successivo, sortì effetti tali sia per la precisione sia per la componente morale, da portarne il protagonista, il No.109 Squadron, agli onori della cronaca.
I Mosquito da caccia andarono anzitutto a sostituire gli Havoc del No. 23 Squadron notturno.
I nuovi velivoli dotati del recentissimo e segreto radar AI Mk IV, iniziarono con l’intercettare bombardieri notturni sul cielo inglese, ma poi si accodarono alle formazioni del Bomber Command per cogliere successi anche su quello nemico.
In breve tempo, gli oltre 400. esemplari del Mk.II soppiantarono anche 1 Beaufighter nell’ ambito metropolitano. 
Furono proprio alcuni velivoli del No.23 Squadron i primi ad operare in Mediterraneo entro il 1942, dislocandosi sui campi maltesi. 
Essi iniziarono le sortite sulla Sicilia nella notte del 31 dicembre 1942, abbatterono il primo velivolo il 7 gennaio 1943. (uno Ju.88 su Comiso) e subirono la prima perdita, sempre sulla Sicilia, nella notte del 21 gennaio ad opera della DICAT. 
Fatto, questo, di notevole rilievo se si pensa che la Flak vide passare dei mesi prima di poterne abbattere uno (su Essen, il 29 maggio 1943).
Intanto il Bomber Command aveva scelto il Mosquito anche per un impiego speciale consentitogli dalla possibilità di volare a alta quota. 
Nel 1942 era stato messo a punto un dispositivo di radioguida, l’Oboe, che consentiva l’individuazione dell’obiettivo in assenza di visibilità;
in sostanza, due emittenti a terra emanavano degli impulsi che, captati dalla stazione di bordo con un suono simile a quello dell’oboe (da ciò il nome), davano al navigatore la certezza di trovarsi sulla verticale del bersaglio. 
Nella notte sul 21 dicembre 1942, sei Mosquito del No.109 Squadron sperimentarono il sistema attaccando la centrale elettrica di Lutterade, in Olanda. 
Non tutto funziono a dovere, tanto che uno solo di essi riuscì a piazzare le bombe entro 200 metri dall’obiettivo. 
Ma l’affinamento delle procedure era solo questione di tempo e già dal gennaio 1943 i Mosquito furono in grado di precedere sulla Germania i quadrimotori da bombardamento notturno, lasciando cadere (al segnale Oboe) quei contenitori, detti «bombe TI», che esplodevano a quota prefissata spargendo intorno una sessantina di candelotti multicolori, detti poi dai tedeschi «alberi di Natale». 
I bombardieri che seguivano, dovevano poi mirare su queste sorgenti luminose alla cui precisione di sgancio sulla verticale dell’obiettivo, era evidentemente legato il successo dell’attacco.

Altri Mosquito del Bomber Command venivano invece usati per lo sgancio diretto di bombe affiancando la loro azione, in piccoli gruppi, a quella dei più numerosi stormi di Lancaster ed Halifax. 
Ben presto, oltre che per la precisione nel tiro, i bimotori divennero rinomati per la quasi totale invulnerabilità; infatti, le loro perdite aggirantesi sullo 0,4%, risultavano essere un decimo di quelle registrate dagli altri tipi in servizio.
Infine, per alcuni mesi il Bomber Command usò i mosquito anche in azioni diurne che, se non raggiungevano gli effetti disastrosi di quelle notturne, incidevano tuttavia sul morale dell’avversario. 
Non a caso,la serie fu aperta con un attacco su Berlino nella mattinata del 31 gennaio 1943, congegnato in modo da coincidere con una parata cui assisteva Goering. 
E quando nel pomeriggio dello stesso giorno l’attacco venne ripetuto, grande fu la collera del comandante della Luftwaffe, incauto garante dell’immunità della capitale dall’offesa della RAF.
« Se mai un velivolo inglese verrà su Berlino – aveva infatti dichiarato in precedenza -potrete chiamarmi Meier!». 
Subito vennero costituiti due gruppi da caccia comandati da esperti piloti, ma nessun risultato fu ottenuto ai danni dei due Havilland, troppo veloci o troppo alti per essere intercettati con successo. 
E se dal maggio 1943 essi vennero ritirati dalle operazioni diurne a seguito degli accordi con l’8th Air Force dell’USAAF, rimasero sempre quelli del Fighter Command a turbare i sonni di Goering, oltre ai ricognitori della base di Benson che, con l’occupazione dell’Italia meridionale, iniziarono le « missioni-navetta».
Il 3 ottobre 1943 fu proprio un Mk.IX del No.540 Squadron ad individuare la prima V-1 sulla base di Peenemunde. 
Accanto ai successi operativi, il 1943 registro fatti notevoli nello sviluppo e nella produzione del Mosquito.

Volò infatti in Inghilterra il Mk.XVI, buono tanto per il bombardamento o la caccia, quanto per la ricognizione ad altissima quota, grazie alla cabina pressurizzata. 
Questa doveva perciò rivelarsi una delle versioni prodotta in maggior numero (almeno 1.600 esemplari) seconda solo al Mk.VI. 
In Australia volò il primo Mk 40, che altro non era se non una versione del citato Mk.VI, e dal Canada, già dall’estate, iniziò il trasferimento in volo verso la Gran Bretagna, delle versioni prodotte oltre Atlantico. 
L’anno successivo non fu da meno. 
A testimonianza della validità di concezione del Mosquito, basta rammentare le tre sempre più perfezionate versioni da caccia notturna, sviluppate entro il 1944: Mk.XIII, XIX e 30, dotate di radar di produzione americana. 
Per altro, il sodalizio del velivolo con gli Stati Uniti non doveva limitarsi ad una semplice adozione d’equipaggiamento dato che l’8th Air Force, dislocata sui campi inglesi, volle addirittura adottare il Mosquito per dei compiti particolari la cui copertura non trovava adeguato riscontro tra i velivoli dell’USAAF.

Diversi Mk.XVI, con la denominazione ufficiale F-8 e con quella di reparto: «Hot Ships» , a testimonianza delle elevatissime prestazioni, furono infatti usati per il rilevamento di dati meteorologici e fotografici in previsione delle missioni dei B-17 e B-24. 
Questi voli si svolgevano con qualsiasi tempo, di giorno e di notte. 
In quest’ultimo caso, il velivolo trasportava nella stiva dodici bombe-flash da 700 milioni di candele ciascuna, le quali consentivano alle camere un’esposizione di 1/25 di secondo ottenuta tramite una cellula fotoelettrica che ne comandava l’apertura nell’attimo di massima illuminazione. 
Il risultato erano delle «striciate» chiare, come se eseguite alla luce del sole. 
E’ difficile tracciare un quadro cronologico delle attività del «Mossie» nel corso del 1944, per l’uso contemporaneo che ne fecero i Commands della RAF, in modo più imponente che nell’anno prima.

Le azioni più clamorose furono quelle del Fighter Command i cui Mk.VI s’erano ormai specializzati nel colpire obiettivi «a testa di spillo».
Il 18 febbraio, 19 velivoli degli Squadrons Nos. 21, 465 e 487 attaccavano le prigioni di Amiens sbrecciandone i muri con tale precisione da consentire che ne uscissero incolumi ben 258 uomini della Resistenza francese, ivi imprigionati. 
L’11 aprile, furono sei Mk.VI del No. 613 Squadron a centrare gli archivi della Gestapo a l’ Aja, ove erano conservati i nomi della Resistenza olandese. 
Fu anche un Mosquito da caccia il primo velivolo inglese ad abbattere una V-1 sulla Manica, il 15 giugno. 
Entro un mese, il bottino era già di 428 bombe volanti. 
L’attività diurna con il Bomber Command, registrò dall’estate 1944 quegli attacchi alle rampe di lancio delle V-1 che dovevano vedere il Mosquito alla testa della graduatoria di rendimento, con una rampa distrutta per ogni 40 tonn. di bombe sganciate, laddove ce ne volevano 219 per i B-25, 182 per i B-26 e 165 per i B-17. 
Di notte, oltre al già collaudato impiego con l’Oboe, si passò alla segnalazione dei bersagli a bassa quota, iniziando su Amburgo (anche se, per l’occasione, si trattava di un Mk.VI del Fighter Command) il 25 aprile. 
Per logorare le difese avversarie, non fu poi trascurabile l’impiego d’una cinquantina di «Wooden Wonder» (meraviglia di legno) per notte, con il compito di volare e disturbare mezza Europa, sganciando saltuariamente qualche bomba. 
A tale tattica fu interessata anche l’Italia Settentrionale, ad opera dei Mk.XVI del No.680 Squadron basati a Foggia; 
l’isolato protagonista di quei voli fu denominato ben presto «Pippo, il ferroviere». 
Infine, il Mosquito bombardiere dimostrò dal Mk.IX in poi (ma anche il Mk.IV fu modificato all’uopo, ove ancora disponibile) d’essere in grado di trasportare una bomba da 2.000 kg – la famosa Block-buster -la prima delle quali venne sganciata su Dusseldorf nella notte del 24 febbraio. 
Pochi esemplari disarmati del Mk.VI, già sperimentati all’uopo nel corso dell’anno precedente, furono molto attivi con la BOAC soprattutto sulle rotte congiungenti la Gran Bretagna con la Svezia e la Spagna. 
Il loro impiego come trasporti diplomatici non si limitò solo a materiale vario, ma anche a persone che venivano chiuse nella stiva bombe, con buone scorte di viveri, ossigeno e giornali!

Il 1944 vide anche l’esordio del versatile «Moss» in campo aeronavale, sia con il Coastal Command, sia con la Fleet Air Arm. 
Dopo gli esperimenti di lancio dei razzi alari risalenti al 1943, i Mk.VI della Banff Strike Wing adottarono stabilmente tale armamento il cui effetto, unito al fuoco contemporaneo delle armi in caccia, era pari a quello della bordata di un incrociatore da 10.000 tonn. 
Vi furono anche dei Mk.XVIII (originariamente chiamati Tse-Tse) armati con un pezzo Molins da 57 mm. 
Senza limitarsi a battere le coste norvegesi, lungo cui fecero strage di naviglio, i DH-98 del Coastal Command scesero inoltre verso il golfo di Biscaglia, ove affondarono il 25 marzo il primo sommergibile, l’U-976 . 
Intanto, il No. 618 Squadron convertiva i suoi Mk.IV al trasporto di due bombe sferiche, chiamate «Highball». 
Concepite dal Dr. Wallis, inventore degli ordigni impiegati dai Lancaster contro le dighe dell’Elba nella notte del 17 maggio 1943, esse dovevano essere sganciate a bassissima quota sul mare e, saltellando sulla superficie (a similitudine dello «skip-bombing» americano in Pacifico), dovevano poi colpire i bersagli sulle fiancate. 
Messa a punto la tecnica di lancio, il No. 618 Squadron venne imbarcato nel settembre 1944 sulle portaerei Striker e Fencer dirette in Australia.
Si pensava, infatti, che i 29 Mosquito-Highball avrebbero operato con maggior successo in Pacifico, dalle basi australiane. 
Ma poi, il reparto rimase inattivo, anche a causa di divergenze sul suo impiego tra la Royal Navy e l’US Navy. 
La Fleet Air Arm, come detto, s’era anch’essa interessata al bimotore e l’ Ammiragliato ne aveva chiesto una versione da imbarco per uso silurante, con ali pieghevoli. 
In attesa che venisse prodotto l’apposito Mk.33 l’anno successivo, un Mk.VI dotato di gancio d’arresto compi il primo atterraggio di un bimotore su portaerei il 25 marzo 1944;
la nave era l’Indefatigable. 
Da rammentare che il velivolo aveva per la prima volta eliche quadripala a grande diametro, per assorbire tutta la potenza disponibile.
Infine, sul piano operativo il 1944 vide l’impiego sempre più esteso del Mosquito in Estremo Oriente, ove esso sostituì i Vengeance ed i Blenheim V nelle azioni d’attacco al suolo contro le linee di rifornimento giapponesi nella giungla del Borneo, iniziando nel contempo un’eccezionale attività aerofotografica dall’India a Singapore. 
Non a caso, alla fine del dicembre 1944 volava in Inghilterra il nuovissimo Mk.34, espressamente previsto per l’impiego in Estremo Oriente, con autonomia di ben 4.000 km.

La notorietà dell’aereo nel 1945, fino al cessare delle ostilità in Europa, fu prevalentemente dovuta alla sua attività di bombardiere. 
Nella notte sul 21 febbraio, essi dettero inizio ad una serie di attacchi su Berlino, portati da quota altissima, fino a 13.000 metri. 
Ripetendo l’«exploit» per 36 notti consecutive, i velivoli registrarono una sola perdita su 2.000 missioni, vero e proprio record per la RAF. 
Non bastarono a debellarli gli He.219 della caccia notturna, così come di giorno neppure i Me.262 riuscirono a prevalere su di essi. 
Nel ruolo di «pathfinder», i Mosquito non mancarono ad alcuno dei tremendi appuntamenti del Bomber Command sulle città tedesche, da Amburgo a Dresda. 
Equipaggiati con il più recente dispositivo di radionavigazione, il Loran, solo essi potevano sfruttarne appieno le possibilità, picchiando repentinamente sull’obiettivo da altissima quota a poche centinaia di metri, per segnalare il bersaglio ai quadrimotori. 
La serie delle clamorose azioni diurne di precisione si concluse in bellezza il 21 marzo, con l’attacco del No. 464 Squadron alla sede della Gestapo di Copenhagen; 
anche in questa occasione, fu raggiunto lo scopo di distruggere gli archivi con i nomi della Resistenza danese, senza danneggiare uno solo degli edifici circostanti. 
L’ultima bomba britannica su Berlino agonizzante fu sganciata dal «Mossie» MM. 929 nella notte sul 21 aprile, quando già i russi erano in vista della capitale. 
L’ultima azione del Bomber Command sul suolo tedesco (fu anche l’ultima della guerra):
16 Mk .XVI del No. 608 Squadron bombardarono il 2 maggio il porto di Kiel, sul cui canale già dal maggio precedente avevano iniziato a sganciare mine. 
In quanto al fronte del Pacifico, nelle settimane che lo separavano dal cessare delle ostilità, la maggior notorietà del Mosquito pervenne ancora dalle missioni fotografiche da record:
una di esse, durata nove ore, copri la distanza di 4.100 km alla media di oltre 450 km/h.


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E’ utile ricordare che per questo particolare settore operativo, caratterizzato da distanze rilevanti, la de Havilland aveva progettato un’estrapolazione del Mosquito di dimensioni ridotte e destinata alla caccia. 
Il DH.103, denominato Hornet (calabrone) aveva volato il 28 luglio 1944 ed era già in produzione dalla fine di quell’anno, raggiungendo i primi reparti nel febbraio 1945, ma non tanto in tempo da entrare in azione.
Questo bimotore biposto, anch’esso costruito in legno, salvò talune strutture alari, raggiungeva la velocità di ben 750 km/h e fu, pertanto – a similitudine dell’americano F7F Tigercat – uno dei più veloci aerei a pistoni mai costruiti, anello di congiunzione tra questi ed i «jets» .
Entro il maggio 1945, avevano volato ancora due versioni del «Wooden Wonder» il Mk.35 da bombardamento e ricognizione ed il Mk.36 da caccia notturna ed addestramento. 
La fine della guerra non comportò, come in altri casi, l’interruzione della loro catena di montaggio, che andò avanti fino alla consegna di quasi 400 macchine.
E non fu tutto. 
A somiglianza di pochissimi altri tipi, infatti (lo Spitfire ed il Lancaster, anch’essi di spiccate caratteristiche), lo sviluppo del DH.98 Mosquito continuò fino all’ottimizzazione della formula che, basandosi soprattutto sulla sempre maggiore potenza dei motori e sul continuo perfezionamento di certi apparati consenti – ormai nel novembre 1947 – che volasse ancora una versione da caccia notturna, il Mk.38, ultima ad andare in produzione. 
Quando il suo esemplare VX916 concluse la catena di montaggio, esso era il 6.439° Mosquito costruito in Inghilterra ed il 7.781° costruito nel mondo (compresi, cioè, Canada ed Australia). 
Il servizio con la RAF doveva durare ancora qualche anno. 
Il primo a lasciare fu il caccia, sostituito nel 1951 dai Meteor. 
Poi fu la volta del bombardiere, tra il 1952 ed il1953, sostituito dai Canberra. 
Infine, tocco al ricognitore, allo spirare del 1955; 
ma ancora al 15 dicembre di quell’anno, in Malesia, era stato il Mk.34 RG-314 ad eseguire una sortita contro i guerriglieri nella giungla, per conto del No.81 Squadron. 



Nonostante il Mosquito fosse stato concepito come bombardiere, la sua prima e prioritaria mansione è stata quella di ricognitore e caccia. La sua capacità di assumere i ruoli più vari, e di svolgerli tutti in maniera eccellente, era straordinaria e non potrebbe essere meno ben espressa da questa diversione dalla specifica originaria. Il Mosquito era di fatto una macchina che anticipava i tempi pur essendo di costruzione lignea.
La sua velocità era la caratteristica fondamentale, ma abbinando la finezzaaerodinamica alla potenza dei motori, era possibile avere anche altre interessanti capacità, come una grande autonomia ed una elevata tangenza.
Nonostante i tedeschi abbiano ben presto avuto a che fare con il Mosquito, non riuscirono a fermarlo quasi fino alla fine delle ostilità. Solo i caccia Messerschmitt Me 262 e gli Heinkel He 219 Uhu erano in grado di intercettarlo, ma non era mai un compito facile visto che i Mosquito erano in grado di superare in agilità i jet tedeschi e solo di poco più lenti rispetto agli Uhu.
Gli attacchi al suolo erano svolti con efficacia, con aerei armati di cannoni, bombe, razzi e mitragliere. Le prestazioni erano apparentemente inferiori, ma la massima velocità era raggiunta a circa 4000 m piuttosto che 7000, il che implicava che gli aerei d’attacco erano dotati di maggiore velocità a bassa quota.
Il basso carico alare del Mosquito, circa 200-220 kg/m², un buon rapporto potenza/peso, consentiva al “Mossie” una buona agilità. Esso era di fatto molto più leggero rispetto ad altri aerei da caccia pesante di ultima generazione, e nell’insieme non sfigurava nei combattimenti aerei manovrando con successo contro i caccia Me 262 a getto, più veloci ma molto meno agili, e persino con i caccia Bf 109 e 110, che pure erano più leggeri, riusciva a cavarsela bene, riuscendo quantomeno a difendersi.
Il cannone Molins, invece, non ebbe molto successo. La sua massa era di circa 907 kg, e le forze di rinculo danneggiavano il muso dell’aereo. I razzi furono trovati molto più efficaci nel compito di colpire un bersaglio prima di sorvolarlo.
Nonostante fosse un bombardiere, la RAF lo considerò inizialmente molto più importante come ricognitore e come caccia notturno, per poi finalmente apprezzare il velivolo come bombardiere ma anche in funzione di pathfinder, guida per gli stormi di bombardieri pesanti. Il Mosquito venne utilizzato anche come loro caccia di scorta, nonostante la difficoltà di riconoscere nel buio i bombardieri dai caccia notturni nemici. John Cunninghan, soprannominato “Cat’s eye”, divenne il maggior asso inglese della caccia notturna con 21 vittorie aeree, sia offensive che difensive. La versione cacciabombardiere Mk VI venne prodotta, nonostante fosse meno prestante del solito, in quantità maggiori che qualunque altra.
L’USAAF lo utilizzò come ricognitore in numerosi esemplari. Almeno un centinaio vennero forniti con vari reparti operativi, con la sigla F-8. Si trattava di PR Mk XV e B Mk VII e XX adattati alla ricognizione. Il fatto che gli americani avessero gli F-5, ovvero gli ottimi caccia P-38modificati come ricognitori d’alta quota, parla concretamente sulla validità che dovette dimostrare il ‘Mossie’.
Nel dopoguerra il Mosquito continuò ad essere prodotto in una certa quantità e venne utilizzato anche da altre nazioni, come Israele (che probabilmente li usò fino al 1956), ma la sua struttura lignea ne provocò l’usura rapida, specie in zone umide come la Malesia, dove venne sostituito dal Beaufighter. Tra i vari Paesi che lo impiegarono figuravano anche Belgio, Birmania, Cecoslovacchia, Cina e Francia, per arrivare a Svizzera, Sud Africa e Unione sovietica.
L’ultima missione operativa di un Mosquito della RAF ebbe luogo a metà dicembre 1955, da parte dell’81 Squadron, in Malesia, che in quell’occasione inviò un ricognitore PR Mk 34. Visto che altri aerei bellici continuarono le loro operazioni in unità di seconda linea, praticamente il “Mossie” sopravvisse fino all’epoca degli aerei da Mach 2, che a quel punto rendevano decisamente lento anche il “wooden wonder”.
La sua struttura base venne impiegata anche per realizzare un aereo da caccia imbarcato, e il suo derivato più piccolo e potenziato Sea Hornet divenne il più veloce caccia a pistoni inglese, con oltre 750-762 km/h.; questa eccellente macchina, molto più piccola, metallica e monoposto, apparve solo nel dopoguerra e sebbene fosse veloce quasi quanto i primi caccia a reazione, nonché con molta più autonomia, ebbe una carriera a quel punto compromessa dalla superatezza dei motori a pistoni per un caccia di prima linea.
Alcuni Mosquito vennero utilizzati ampiamente come aerei da trasporto veloce, postali, ricognizione e aerofotogrammetria per numerosi anni nel dopoguerra, concludendo in maniera pacifica la propria carriera operativa.


De Havilland Mosquito


La tecnica 

Il Mosquito era un bimotore biposto con ala alta e carrello retrattile, costruito interamente in legno. 
Gli elementi fondamentali: ala, fusoliera, impennaggi, gondole motrici e carrello erano costruiti in luoghi diversi per ragioni di decentramento e poi trasportati su strada alla fabbrica, per l’assemblaggio finale. 
L’ala, bilongherone con centine in pino, era realizzata in un solo pezzo in senso longitudinale ed in tre pezzi: bordo d’attacco, parte centrale, superfici mobili in quello trasversale. 
Alettoni e «flaps» occupavano tutto il bordo d’uscita, mentre quello d’entrata compreso fra la fusoliera e le gondole ospitava i due radiatori, con fuoriuscita dell’aria regolata dai parzializzatori sull’intradosso. 
Tra i due longheroni erano alloggiati, dalla radice verso l’estremità, quattro serbatoi di carburante per parte da litri 350, 300, 150, 100. 
Il rivestimento alare era in uno solo strato di compensato, salvo che sull’estradosso della parte centrale ove era doppio, con interposizione di uno strato di balsa. 
L’ala era vincolata alla fusoliera mediante un sistema con braccio di forza incastrato all’ordinata maestra e due cerniere che ne consentivano il perfetto calettamento. 
Le gondole motrici erano appese all’ala in modo da non turbare il regime aerodinamico sull’estradosso. 
La fusoliera, a sezione ovale, era costruita in due semigusci continui in senso longitudinale; ognuno di essi era costituito da un sandwich di due strati di compensato, disposti normalmente tra loro per assorbire le tensioni in ogni giacitura, con l’interposizione di uno strato di balsa, il tutto pressato a caldo ed incollato con resine speciali. 
Questo rivestimento lavorante aveva il supporto su ordinate massicce in legno e su correnti.
Il semiguscio superiore .veniva incollato a quello inferiore dopo che in quest’ultimo erano state collocate le tiranterie e le apparecchiature di dotazione.

Il muso e la cabina presentavano delle diversità interne a seconda dell’impiego previsto, fermo restando che il pilota sedeva sul lato sinistro ed il secondo uomo su quello dritto, lievemente arretrato. 
Nella versione da bombardamento e ricognizione, il muso era vetrato per consentire il puntamento, il parabrezza era a spigolo, la «cloche» era a volantino e l’accesso in cabina avveniva tramite un portello a botola. 
Nella versione da caccia il muso ospitava il radar o le quattro armi da 7,7 mm, il parabrezza era piatto con vetro blindato, la «cloche» era a barra e l’accesso avveniva tramite un portello laterale sul lato dritto, in quanto il ventre era occupato dagli affusti delle quattro armi da 20 mm. 
Per tal motivo, anche la stiva bombe risultava dimezzata in lunghezza.
Il carrello, di tipo Dowty, era a ruotino di coda interamente retrattile a comando idraulico.
Gli ammortizzatori di quello principale erano, molto semplicemente, a blocco di gomma e pure in gomma elastica erano i tiranti di chiusura dei portelli. 
Il ruotino di coda aveva larga sezione a «W» invertito.
Tutta la superficie del velivolo presentava pochissime protuberanze e la vernice, stesa su di essa con cura, contribuiva all’elevata velocità. 
Basti pensare che quella « matta» da caccia notturna la riduceva di 25 km/h.
La manutenzione in reparto era agevole e la riparazione dei danni più lievi molto semplice ed immediata. 
A meno di variazioni di potenza tra un tipo e l’altro, le unita motrici furono sempre i Merlin di produzione Rolls-Royce o Packard, a 12 cilindri a V invertito, raffreddati a liquido, con riduttore e compressore a due stadi, azionanti eliche tripala automatiche a comando idraulico de Havilland a p.v.v. 
L’evoluzione dell’armamento di lancio nella versione da caccia (salvo i razzi alari) interesso la soppressione delle quattro Browning in favore del radar in prua, fermi restando i quattro Hispano da 20 mm. 
In aggiunta, la versione caccia-bombardiere poteva trasportare 2• bombe da 250 kg in fusoliera e successivamente (con l’adozione della «standard wing» rinforzata per tutti i Mk.) altre due bombe alari da 250 kg. 
L’evoluzione dell’armamento di caduta per la versione bombardiere, che era disarmata, fu di quattro bombe da 115 kg in fusoliera; quattro bombe da 225 kg in fusoliera; quattro bombe da 225 kg in fusoliera e due alari delle stesso calibro; una bomba Blockbuster da 1.800 kg in fusoliera, con vano prominente. 
In ogni caso, gli attacchi alari potevano servire per due serbatoi ausiliari di carburante da 200 litri, che per la versione da ricognizione salivano a 1.000 litri. 
Detta versione, inoltre, poteva ospitare nella stiva due serbatoi supplementari da 300 litri, ferma restando la dotazione di quattro macchine fotografiche o da presa. 

Ridimensionata a 89% (era 750 x 479) – Clicca per allargareDe Havilland Mosquito




Versioni
Il Mosquito, nonostante la sua potenzialità multiruolo, per esprimersi al meglio ha avuto bisogno di piccole riprogettazioni strutturali e molte variazioni nell’impiantistica.
Vennero realizzate moltissime versioni del Mosquito, anche se a volte le differenze tra due versioni erano minima; la RAF comunque considerò “la meraviglia di legno” un ottimo progetto e cercò di aggiornalo il più possibile. All’epoca gli aerei metallici, anche importanti, venivano prodotti in poche versioni e, quando obsoleti, venivano semplicemente ritirati dall’attività o passati in seconda linea.
Il problema maggiore della de Havilland, dato il successo del progetto, fu quello di organizzare una produzione in massa che non richiedeva molte materie prime ma, in compenso, vi era la necessità di molti falegnami ed altri lavoratori manuali. Così alcune ditte inglesi ne ebbero alcuni in appalto, ma soprattutto l’allora multinazionale aeronautica passò i progetti alle sue filiali nel Commonwealth. Persino così, il numero di Mosquito prodotti non arrivò mai ai livelli desiderati.


Fonti Wiki , Alireggiane 


Questi sono gli utilizzatori del Mosquito:

Military operators

Australia
Royal Australian Air Force
No. 1 Squadron RAAF
No. 87 Squadron RAAF
No. 94 Squadron RAAF
No. 456 Squadron RAAF
No. 464 Squadron RAAF
No. 1 Photo Reconnaissance Unit RAAF
No. 5 Operational Training Unit RAAF

Belgium
Belgian Air Force 11 Squadron, 1 Wing

Burma
Burma Air Force

Canada
Royal Canadian Air Force
No. 400 Squadron RCAF
No. 404 Squadron RCAF
No. 406 Squadron RCAF
No. 409 Squadron RCAF
No. 410 Squadron RCAF
No. 418 Squadron RCAF

China
Republic of China Air Force
1st BG RoCAF

People’s Republic of China
People’s Liberation Army Air Force
Five ex-Nationalist Mosquito operated by PLAAF in all version.

Czechoslovakia
Czechoslovak Air Force

Dominican Republic

France
French Air Force

Israel
Israeli Air Force

New Zealand
Royal New Zealand Air Force
14 Squadron (replacing Vought Corsairs 1948-1952)
75 Squadron (replacing Avro Lincolns 1945-1951)
487 Squadron (replacing Lockheed Venturas 1943-1945)
488 Squadron (replacing Bristol Beaufighters 1943-1945)
489 Squadron (replacing Bristol Beaufighters 1945)

Norway
Royal Norwegian Navy Air Service
Royal Norwegian Air Force
333 Squadron
334 Squadron

Poland
Polish Air Forces on exile in Great Britain
No. 305 Polish Bomber Squadron, “Ziemi Wielkopolskiej im. Marszałka Józefa Piłsudskiego”
No. 307 Polish Night Fighter Squadron, “Lwowskich Puchaczy”

South Africa
South African Air Force
No 60 Squadron (PR) SAAF, (North Africa, San Severo Italy, Bloemfontein South Africa: February 1943 – June 1947)

Soviet Union
Soviet Air Force

Sweden
Royal Swedish Air Force
F 1 Hässlö
Turkey
Turkish Air Force
[
United Kingdom
Royal Air Force
No. 4 Squadron RAF
No. 8 Squadron RAF
No. 11 Squadron RAF
No. 13 Squadron RAF
No. 14 Squadron RAF
No. 16 Squadron RAF
No. 18 Squadron RAF
No. 21 Squadron RAF
No. 22 Squadron RAF
No. 23 Squadron RAF
No. 25 Squadron RAF
No. 27 Squadron RAF
No. 29 Squadron RAF
No. 36 Squadron RAF
No. 39 Squadron RAF
No. 45 Squadron RAF
No. 46 Squadron RAF
No. 47 Squadron RAF
No. 55 Squadron RAF
No. 58 Squadron RAF
No. 68 Squadron RAF
No. 69 Squadron RAF
No. 81 Squadron RAF
No. 82 Squadron RAF
No. 84 Squadron RAF
No. 85 Squadron RAF
No. 89 Squadron RAF
No. 96 Squadron RAF
No. 98 Squadron RAF
No. 105 Squadron RAF
No. 107 Squadron RAF
No. 108 Squadron RAF
No. 109 Squadron RAF
No. 110 Squadron RAF
No. 114 Squadron RAF
No. 125 Squadron RAF
No. 128 Squadron RAF
No. 139 Squadron RAF
No. 140 Squadron RAF
No. 141 Squadron RAF
No. 142 Squadron RAF
No. 143 Squadron RAF
No. 151 Squadron RAF
No. 157 Squadron RAF
No. 162 Squadron RAF
No. 163 Squadron RAF
No. 169 Squadron RAF
No. 176 Squadron RAF
No. 180 Squadron RAF
No. 192 Squadron RAF
No. 199 Squadron RAF
No. 211 Squadron RAF
No. 219 Squadron RAF
No. 235 Squadron RAF
No. 239 Squadron RAF
No. 248 Squadron RAF
No. 249 Squadron RAF
No. 254 Squadron RAF
No. 255 Squadron RAF
No. 256 Squadron RAF
No. 264 Squadron RAF
No. 268 Squadron RAF
No. 333 Squadron RAF
No. 334 Squadron RAF
No. 500 Squadron RAF
No. 502 Squadron RAF
No. 504 Squadron RAF
No. 515 Squadron RAF
No. 521 Squadron RAF
No. 527 Squadron RAF
No. 540 Squadron RAF
No. 544 Squadron RAF
No. 571 Squadron RAF
No. 600 Squadron RAF
No. 604 Squadron RAF
No. 605 Squadron RAF
No. 608 Squadron RAF
No. 609 Squadron RAF
No. 613 Squadron RAF
No. 614 Squadron RAF
No. 616 Squadron RAF
No. 617 Squadron RAF
No. 618 Squadron RAF
No. 627 Squadron RAF
No. 680 Squadron RAF
No. 681 Squadron RAF
No. 683 Squadron RAF
No. 684 Squadron RAF
No. 692 Squadron RAF

United States
United States Army Air Forces
416th Night Fighter Squadron
425th Night Fighter Squadron
25th Bombardment Group
653rd Bomb Squadron
654th Bomb Squadron
492nd Bombardment Group
802nd Reconnaissance Group
8th Reconnaissance Squadron Special
8th Weather Reconnaissance Squadron

Yugoslavia
SFR Yugoslav Air Force



Civil operators

Canada
Spartan Air Services

Switzerland
Swissair briefly operated a single interned reconnaissance Mosquito in 1944, but the aircraft was handed back to the Swiss Air Force, who used it as a test bed in 1945.

United Kingdom
BOAC



Continuo il post iniziato sul The Wooden Wonder postando le versioni che non avevo elencato all’inizio:



I caccia

F MkII o NF MkII: 466 caccia diurni e notturni a grande autonomia, con armamento di quattro cannoni British Hispano da 20 mm e quattro mitragliatrici Browning da 7,7 mm. Fu dotato di radar AI MkIV o AI MkV e di faro Turbinlite. Aveva motori Merlin 21, 22 e 23 da 1.480 HP.
Oggetto di sperimentazioni e trasformazioni delle quali 25 in F MkII Special, 97 in NF MkXII e 100 in NF MkXVII. Primo volo il 15 maggio 1941.

FB MkVI: caccia-bombardiere prodotto in circa 3.300 esemplari con motori Merlin 21,22,23 e 25 da 1.480-1.620 HP, con armamento uguale a quello del caccia notturno e possibilità di portare nella stiva due bombe da 115 kg e sotto le ali due da 115 / 225 kg oppure otto razzi da 27 kg. Primo volo il 1 giugno 1942.

NF MkX: versione da caccia notturna con motori Merlin 61, non realizzata.

FB MkXI: versione caccia-bombardiere con motori Merlin 61, non realizzaÍa.

NF MkXII: caccia notturno costruito per conversione di 97 NF MkII, con radar AI MkVIII, “radome” in legno e soppressione delle mitragliatrici da 7,7 mm.

NF MkXIII: 270 esemplari da caccia notturna basati sul MkVI con ala Basic, muso Universal con radar e motori Merlin 21,23 e 25. Primo volo nell’agosto 1943

NF MkXIV: versione del MkXIII con motori Merlin 67 e 72, non realizzata.

NF MkXV: cinque caccia notturni (conversione di MkIV) per intercettare i ricognitori d’alta quota tedeschi, con motori Merlin 61,73 e J7, radat AI MkVIII ed ala allungata. Primo volo nel setfembre 1942.

NF MkXVII: 100 caccia notturni NF MkXIII con motori Merlin 21 e 23 convertiti con radar SCR-720/729 o AI MkX.

FB MkXVIII: versione caccia-bombardiere con vocazione antinave ordinata dal Coastal Command in 25 esemplari più due prototipi (ma solo 18 effettivamente costruiti). Basato sull’FB MkVI, aveva un cannone
Molins da 57 mm con 25 colpi e quattro mitragliatrici da 7,7 mm. Primo volo il 25 agosto 1943.

NF MkXIX:220 caccia notturni derivati dal MkIII con muso Universal per radar AI MkVIII, MkX, SCR-720 o SCR- 729 e motori Merlin 25. Primo volo nel maggio del 1944.

FB Mk21: tre FB MkVI con motori Packard Merlin 31 da 1.300 HP, costruiti in Canada.

FB Mk24: versione per alta quota dell’FB Mk21 con motori Packard Merlin 301, non realizzata.

FB Mk26: 338 cacciabombardieri basati su MkVI e Mk21 con motori Packard Merlin 225, di
costruzione canadese.

NF Mk30: 350 caccia notturni per alta quota basati sul MkXIX con motori Merlin 72,76 o 113. Primo volo nel marzo del 1944.

NF Mk31: come l’NF Mk30 ma con motori Packard Merlin 69, non realizzato.

TF o TR Mk33 Sea Mosquito: caccia-bombardiere ricognitore imbarcato in risposta alla specifica N. 15/44 della Royal Navy. Costruiti solo 50 dei 97 ordinati, con motori Merlin 25 ed eliche quadripala: ali pieghevoli solo dal 14″ esemplare. Primo volo il 10 novembre 1945.

NF Mk36: 266 esemplari da caccia notturna con radar americano e motori 113 / 114 o 113A/114A. Primo volo nel maggio del 1945.

TR Mk37 Sea Mosquito: sei cacciabombardieri imbarcati con motori Merlin 25 e radar ASV
MkVIII. Primo volo nel 1946.

NF Mk38: 81 caccia notturni con motori Merlin 114A e radar AI MkIX, con i quali si è chiusa la produzione in Inghilterra. Primo volo il 18 novembre 1947.

FB Mk40: 178 cacciabombardieri basati sul MkVI, costruiti in Australia con motori Packard Merlin 3l e 33, sei dei quali convertiti in ricognitori PR Mk40. Primo volo il 23 luglio 1943.

FB o PR Mk42: un solo esemplare costruito inAustralia, uguale al Mk41 ma privo di pilota automatico.




I bombardieri

B MkIV: versione da bombardamento realizzata in due serie: nove Series I, con gondole dei motori (Merlin 21) corte, usati per l’addestramento e 264 Series II con gondole lunghe e motori Merlin 21 o 23.Dei B MkIV Series II, 32 furono convertiti in ricognitori PR MkIV. Primo volo il 25 novembre
1940.

B MkV: versione della quale fu costruito il solo prototipo W4057 (un MkIV modificato), studiata
per usare l’ala Basic. Fu alla base del B MkVII.

B MkVII: 25 B MkIV Srs. II/B MKV costruiti in Canada con motori Packard Merlin 31. Primo volo nel settembre del 1942.

B MkIX: 54 esemplari per alta quota, con motori Merlin 72/73 e 76/77, tutti adattati al trasporto di una bomba “block buster” da 1.815 kg; esisteva anche la versione da ricognizione PR MkIX. Primo volo il 24 marzo 1943.

B MkXVI: circa 1.200 esemplari con motori Merlin 72/73 e 76/77, basati sul B MkXI; esisteva
anche la versione da ricognizione PR MkXVI. Primo volo il 1’gennaio 1944.

B MkXX: 145 bombardieri di produzione canadese con motori Packard Merlin 3l e 33, basati
sul B MKIV Series II e sul B MkVII. 40 furono convertiti come ricognitori ed impiegati dall’USAAF come F.8.

B Mk23: versione per alta quota canadese basata sul MkXX con motori Packard Merlin 69, non realizzafa.

B Mk25: 400 esemplari costruiti in Canada sulla base del B MkXX, con motori Packard Merlin
225.

B Mk35: 122 esemplari di produzione Airspeed e Percival con motori Merlin 113A e 114A. Alcuni furono convertiti in TT Mk35 per traino bersagli, forse un solo esemplare, e in PR Mk35 per ricognizione strategica diurna e notturna.




I ricognitori

PR MkI: prima versione accettata dalla RAF, con gondole dei motori nella forma più corta. Avevano motori Merlin 21 o 23 da 1.480 HP. tre fotocamere verticali ed una obliqua. Nel totale dei dieci costruiti erano inclusi un prototipo e quattro esemplari a grande autonomia (con peso aumentato da 8.138 a 8.759 kg); di essi due erano tropicalizzati. Il primo volo avvenne il 10 giugno 1941.

PR MkVIII: cinque esemplari per alta quota, basati sul B MkIV, con motori Merlin 61 da 1.290 HP.

PR MkIX: 90 esemplari per alta quota, basati sul B MkIV, con motori Merlin 72/73 e 76/77: esisteva anche la versione da bombardamento MkIX. Primo volo il 6 maggio 1943.

PR MkXVl 432 esemplari con motori Merlin 72/73 da 1.680 HP e 76/77 da 1.710 HP, basati sul B MkXVI. Primo volo il 1 gennaio 1944.

PR Mk32: cinque esemplari per alta quota, basati sul B MkXVI, con motori Merlin 113/114 da 1.690 HP.

PR Mk34: 50 esemplari a grandissima autonomia, costruiti dalla Percival, per l’impiego in Estremo Oriente. Montavano motori Merlin 76, 113 e 114;la sottoversione con motori 114A era indicata come PR Mk34A. Primo volo il 4 dicembre 1944.

PR Mk41: 28 ricognitori con motori 69, costruiti in Australia.




Gli addestratori

T MkIII: 314 esemplari sulla base del MkII, con motori Merlin 21,23 e 25, dotati di doppi comandi e privi di armamento. Primo volo il 30 gennaio 1942.

T Mk22 sei addestratori costruiti in Canada, con motori Packard Merlin 3l e 33 sulla base dei MkIII e Mk21

T Mk27:49 esemplari con motori Packard Merlin 225 da 1.620 HP costruiti in Canada sulla base dei Mk22.

T Mk28: versione da addestramento prevista dalla De Havilland Canada. Non costruita.

T Mk29: 34 FB Mk26 canadesi consegnati con allestimento quali addestratori.

TT Mk39: conversione di MkXVI ad opera della General Aircraft in base alla specifica Q.19/45
della Royal Navy relativa ad un aereo per traino- bersagli. Entrato in servizio nel 1948.

T Mk43: 21 addestratori di produzione australiana, con motori Packard Merlin 33, praticamente
uguali ai MkIII. Primo esemplare consegnato il 27 giugno 1944. 



Ecco 2 schede tecniche di 2 versioni del “Mossie”

De Havilland Mosquito B.Mk XVI

Bombardiere leggero

lmpianto propulsivo: due Rolls-Royce Merlin 76/77 a 12 cilindri a V, raffreddati a liquido, da 1.290 HP al decollo (a 3.000giri/min) e 1.710 HP per brevi periodi. Eliche tripala deHavilland Hydromatic a passo variabiie. Capacità carburante 3.910 litri.

Dimensioni: apertura alare 16,51 m; lunghezza 12,34 m, allezza 3,81 m; superficie alare 42,18 mq.

Pesi: a vuoto 6.650 kg; totale 8.660 kg; massimo al decollo 10.400 kg; carico alare 205 kg/mq; rapporto peso/potenza (al decollo) 3,36 kg/HP.

Prestazioni: velocità massima 656 km/h a 7.925 m, di crociera 394-483 km/h; salita a 4.570 m in 7’45”; tangenza pratica 11.275 m; autonomia 1.200 km, massima 3.010 km.

Armamentor 1.815 kg di carico bellico.

De havilland Mosquito NF Mk.XIX

Caccia intercettatore notturno

tmpianto propulsivo: due Rolls-Royce Merlin 25 a 12 cilindri a V, raffreddati a liquido, da 1.620 HP al decollo e 1.500 HP a 2,900 metri. Eliche trìpala deHavilland Hydromatic a passo variabile. Capacita carburànte 2.346 litri pìù due serbatoi sganciabili da 455 litri.

Dimensioni: apertura alare 16,51 m; lunghezza 12,54 m, allezza 3,81 metri; superficie alare 42,18 mq.

Pesi a vuoto 7.244 kg totale 9.344 kg; massimo al decollo 9.865 kg; carico alare 222 kg/mq; rapporto peso/potenza (al decollo) 2,88 kg/HP.

Prestazioni: velocita massima 608 km/h a 4.025 m, di crociera 474 kmlh a 6.100 m, di salita 13,70 m/sec; tangenza pratica 8.530 m; raggio d’azìone 1.015 km; autonomia 2.250 km, massima 3.065 km.

Armamento: qualtro cannoni British Hispano
da 20 mm con 150 colpi per arma.



OPERAZIONE JERICHO


L’eroica missione compiuta da tre formazioni di cacciabombardieri Mosquito della RAF che nel febbraio 1944 portò alla liberazione di 258 maquis prigionieri della Gestapo.
Nel febbraio 1944 una formazione di 19 cacciabombardieri De Havilland Mosquito Mk VI lasciò l’Inghilterra per una missione speciale, il cui obiettivo consisteva nell’aprire un varco tra le mura della fortezza-prigione di Amiens, nel nord della Francia, e consentire la fuga di 717 uomini, tra prigionieri politici e partigiani francesi.
120 tra questi erano condannati all’esecuzione per aver preso parte alla lotta contro l’occupazione nazista.
La missione venne sollecitata dai vertici della resistenza francese, come ultimo disperato tentativo per salvare i compatrioti da morte sicura per mano della Gestapo.
Londra nutriva però non pochi dubbi sulla possibilità di far eseguire un’incursione con bombardamento di precisione dalla RAF, e con l’inevitabile pericolo di uccidere anche chi doveva essere salvato.
Compito dei bimotori De Havilland Mosquito era colpire le mura esterne del carcere, aprire almeno un grosso varco e demolire alcuni edifici interni occupati dalla guarnigione tedesca. Era assai evidente l’esigenza di effettuare un bombardamento di estrema precisione e da quota molto bassa. Anche il minimo errore avrebbe comportato il fallimento della missione ed una drammatica carneficina per i patrioti francesi.
Era necessario compiere un avvicinamento raso terra a pochi metri dal suolo, sganciare su punti ben definiti della struttura carceraria e quindi cabrare bruscamente per superare le mura della prigione alte circa 7 metri.
Di fondamentale importanza il tempismo nella sequenza di intervento dei vari Mosquito, nelle fasi di attacco, sganciamento e protezione: la missione non avrebbe potuto essere ripetuta.
All’operazione, battezzata con biblica fiducia “Jericho”, avrebbero partecipato tre formazioni di cacciabombardieri britannici tra i più collaudati per maneggevolezza, velocità e versatilità operativa, ciascuno dotato di due bombe dirompenti da 227 kg. con spolette a scoppio ritardato di undici secondi ed equipaggiati con i migliori piloti dei 21st, 464th e 487th Squadron.
Dopo rinvii dovuti alle pessime condizioni meteorologiche, finalmente la mattina del 18 febbraio un messaggio in codice morse “colpire ora o mai più, le esecuzioni sono imminenti” venne fatto pervenire dai comandi della Resistenza al 140th Wing del 2nd Tactical Air Force ed immediatamente gli equipaggi vennero convocati per un ultimo briefing.
Per due ore i piloti studiarono un modello in scala della prigione e dei suoi dintorni, calcolando angoli, quote, ostacoli, postazioni conosciute di cannoni e rotte “egress green” (vie di fuga).
Le prime due squadriglie d’attacco aveva l’esplicita istruzione di rientrare immediatamente dopo aver effettuato il bombardamento.
La prima comprendeva due pattuglie di tre velivoli del 487th Squadron neozelandese seguite dalle due del 464th Sq. australiano, mentre gli aerei del 21st Sq. erano tenuti di scorta per ovviare ad eventuali deficienze nell’azione di bombardamento.
La pianificazione della missione aerea era sotto la responsabilità del Capitano Percy Charles Pickard, pilota di grande esperienza, coraggio e tenacia, mentre il programma di rotta venne affidato al suo navigatore ed inseparabile amico Flight Lieutenant J. A. “Bill” Broadley.
Il “Mossie” da ricognizione fotografica DZ 414 Orange del Photo Reconnaissance Unit, pilotato da Tony Wickham, doveva seguire la seconda ondata, mentre Pickard avrebbe sorvolato l’area della prigione per decidere se il 21st Squadron del terzo gruppo sarebbe dovuto intervenire.
I caccia di scorta, una dozzina di Hawker Typhoon del 174th, 198th e 245th Squadron della RAF, avevano l’istruzione di prevenire ogni possibile interferenza da parte della Luftwaffe.
I neozelandesi dovevano aprire due varchi nel muro perimetrale esterno, mentre gli australiani avrebbero colpito l’edificio principale del complesso annientandone la guarnigione tedesca; solo un massimo di tre minuti poteva intercorrere fra queste due incursioni.
Gli equipaggi raggiunsero i rispettivi aerei nelle zone di decentramento alle 10:30.
I 19 Mosquito si trovavano all’estremità della pista principale della base di Hunsdon (Hertfordshire), pronti per il decollo programmato per le 11:00.
Il vero e proprio raid sopra la prigione era previsto esattamente per le 12 e 3 minuti, ora di mensa.
Il tenente pilota N. M. Sparks ricorda che quando uscì all’aperto per recarsi al proprio aereo il tempo era orribile: “cadeva la neve e la visibilità era fortemente ridotta. Se fosse stata una missione ordinaria, certamente sarebbe stata cancellata”…
Alle 11:00 in punto i Mosquito decollarono in rapida successione, ma quattro di essi, appartenenti al 21st e al 464th Squadron, dovettero invertire la rotta poco dopo e tornare alla base a causa di alcune difficoltà di navigazione.
Traversata la Manica sul pelo delle onde e rasentando un tratto della costa francese i bombardieri virarono nel punto stabilito a nord di Amiens e si diressero sull’obiettivo.
Il tenente Sparks, che faceva parte della prima pattuglia di tre velivoli, ricorda che tre del 487th Sq. si gettarono in picchiata lungo la strada che conduceva alla prigione, sfiorando i filari di pioppi ai lati. Si abbassarono ancora e rallentando il più possibile per favorire la collimazione dei puntatori sganciarono le loro bombe alla base del muro a nord, sfrecciando subito dopo verso l’alto a pieni motori.
Alle 12:06, attraverso le esplosioni e le spesse cortine di fumo, le due successive ondate del 464th Squadron riuscirono a piazzare ben otto bombe da 500 lb sul muro orientale dalla quota di 30 e 20 metri, aumentando le devastazioni perimetrali.
Guardando sotto di sé, Pickard vide frotte di prigionieri uscire a fiumi dagli squarci nelle mura e scappare lungo la strada e attraverso i campi gelati; diede quindi ordine al 21st Squadron di tornare alla base, mentre numerosi caccia tedeschi stavano ormai per piombare dall’alto sui piloti britannici.
L’incursione infatti non si risolse senza perdite: i caccia Focke Wulf 190 della Jagdgeschwader 26 apparvero sulla scena
sorprendendo il capitano Pickard e il tenente Broadley, che vennero attaccati ed abbattuti mentre compivano l’ultimo volo sui resti fumanti del carcere-fortezza.
Tre Mosquito e due Typhoons furono dichiarati dispersi in azione e tre piloti vennero catturati.
Il Comandante Mc Ritchie, che guidava la seconda squadriglia australiana, venne colpito dal fuoco contraereo sulla via del ritorno e dovette compiere un violento atterraggio di fortuna in un campo di mele ad oltre 300 km orari, riuscendo miracolosamente a sopravvivere.
Ma il raid era riuscito: 258 prigionieri riuscirono a dileguarsi. Purtroppo altri 102 rimasero uccisi nella fuga ed altri vennero ricatturati più tardi. Peraltro un grosso ordigno aveva centrato in pieno il refettorio uccidendo una cinquantina di soldati tedeschi.
La ferocia ed il disappunto con il quale la Gestapo reagì all’attacco confermarono che il colpo era andato a segno. I tedeschi infatti si accanirono sui superstiti ed impedirono che i corpi dei prigionieri e dei piloti inglesi caduti venissero sepolti.
Nonostante il divieto assoluto imposto dai nazisti, le mani pietose di alcuni contadini seppellirono in segreto i poveri resti di Pickard e Broadley, piloti valorosi ed inseparabili, il cui destino, dopo l’ultima missione operativa compiuta assieme, aveva deciso di riunirli nella morte.
Poco prima del frettoloso funerale una giovane donna staccò le ali della RAF e i gradi dalla giacca di Pickard e, alla fine della guerra, come ultimo gesto di ringraziamento e solidarietà, li fece recapitare alla vedova in Inghilterra.


Scritto da Emanuela Susani 



Altre curiosità e particolari di costruzione del Mosquito


La struttura del Mosquito era realizzata con un compensato speciale prodotto tramite una combinazione resistente al fuoco di fogli di legno di balsa equadoriana e fogli di compensato ottenuto da legno di betulla canadese, tenuti in saldo da una particolare colla per legno, inizialmente a base di caseina e poi modificata con l’introduzione di formaldeide, ritenuta più resistente ai climi tropicali nei quali il Mosquito venne poi impiegato. La De Havilland sviluppò appositamente una tecnica che aumentasse la velocità dell’essiccamento della colla riscaldandola con onde radio.
La fusoliera fu assemblata unendo e incollando tra loro i due tronconi, suddivisi in senso longitudinale alla mezzeria, praticando un rinforzo costituito da centinaia di piccole viti di ottone. Questa tecnica di assemblaggio facilitava di parecchio l’installazione delle condotte idrauliche e degli altri equipaggiamenti, grazie all’accesso facilitato che le sue sezioni aperte fornivano agli operai della catena di montaggio. Il tutto era poi rivestito in tessuto di Madapolam.
Interamente in legno erano costruite anche le ali, strutturate in un unico blocco per aumentarne la resistenza e poi fissate alla fusoliera una volta che questa fosse stata assemblata. Il metallo venne usato con parsimonia e principalmente nei supporti del motore, nelle carenature, nei piani di comando e nelle viti di ottone che saldavano i tronconi di fusoliera.

De Havilland, di fronte ad un periodo di scarsità di acciaio e alluminio, sfruttò l’esperienza dei mobilifici inglesi per realizzare nel Mosquito un velivolo che ottenesse i migliori risultati prestazionali dall’utilizzo totale del legno

Per gran parte dello svolgimento della guerra, il Mosquito era il velivolo in più veloce e più manovrabili, se si pensa che nei combattimenti simulati i Mosquito potevano salire di quota più velocemente e virare più rapidamente di uno Spitfire.

I Mosquito furono ampiamente usati nella RAF per contrassegnare gli obiettivi nemici che dovevano essere bombardati dai bombardieri di notte. Nonostante perdite considerevoli all’inizio, il Mosquito concluse la guerra con il tasso di perdita più basso di tutti i velivoli in servizio nella RAF, dimostrando di essere 4 volte e mezzo più economico dei Lancaster in termini di danni subiti.

Fonte: Flymodica: attività sul campo volo “Oasi dei re”. 



Video sulla meraviglia di legno



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